Alcune delle schede didattiche che sono state usate nelle classi e nelle uscite con i ragazzi e le ragazze:
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3.4 Guida al consumo
- RICONOSCERE LA FRESCHEZZA
Il giudizio sulla freschezza del pesce si basa su una valutazione sensoriale, visiva, olfattiva e tattile. Ci vuole un certo “allenamento”, ma imparando a riconoscere le caratteristiche chiave difficilmente si sarà tratti in inganno.
- Rigidità: più il pesce è rigido, più è fresco. Tenendolo orizzontale per la testa dovrebbe restare dritto, se si piega non è molto fresco.
- Consistenza della carne: se soda, il pesce è fresco. Premendo con un dito a metà del pesce non deve rimanere l’impronta.
- Pelle: deve essere tesa, brillante, con le squame ben aderenti al corpo. Se invece la pelle si presenta flaccida, opaca con colori smorti e squame sollevate, allora quel pesce non è fresco.
- Occhio: nel pesce fresco è lucido, trasparente e convesso. Se è appiattito e opaco, è certamente vecchio.
- Branchie: il loro colore deve essere rosso brillante; quando iniziano a scurirsi fino a diventare marrone con muco, il pesce si sta deteriorando.
- Odore: il pesce fresco odora di mare e alghe. Se invece si avvertono odori che ricordano l’ammoniaca, quel pesce non è certo appena pescato.
Per il pesce venduto già pulito e tagliato in filetti o tranci risulta molto difficile capirne il grado di freschezza; occorre quindi fidarsi del rivenditore e della sua parola.
Quanto ai molluschi freschi Gasteropodi e Bivalvi, la valutazione della freschezza risulta più semplice, in quanto la loro commercializzazione viene fatta con prodotto vivo.
Nei Cefalopodi, il corpo deve essere sodo, color madreperla e rivestito da un sottile strato di muco; la pelle deve essere aderente alla carne e i tentacoli resistenti alla trazione. L’odore deve essere fresco, di alghe marine; se si avverte un sentore d’inchiostro l’animale non è più fresco.
Infine la freschezza dei crostacei può essere valutata dall’aspetto del carapace, che deve essere umido e lucente, con colori brillanti; dall’assenza di annerimento di alcune parti (base delle zampe, interno della testa); dalla resistenza di testa, arti e appendici al distacco. L’odore poi deve essere gradevole, leggermente dolciastro, di alghe marine; invecchiando diviene invece acidulo e acre.
DALLA PESCHERIA ALLA TAVOLA
Dopo un check accurato di tutte le caratteristiche del pesce, è doveroso sapere come conservarlo al meglio, affinchè non si deteriori o, ancor peggio, possa costituire un pericolo per la salute.
Infine è bene conoscere i migliori metodi di cottura del pesce: dal modo in cui decideremo di preparare il nostro pesce, infatti, dipenderà non solo la conservazione delle sue proprietà nutrizionali ma anche la digeribilità o meno di ciò che avremo cucinato.
- LA CONSERVAZIONE CON IL FREDDO
I prodotti ittici sono alimenti molto delicati e facilmente deperibili e, proprio a causa della loro scarsa attitudine alla conservazione, possono rappresentare, più di altri prodotti alimentari, veicoli di malattie, tossinfezioni, intossicazioni e parassitosi.
Solo una piccolissima parte del pesce pescato viene consumato come “prodotto freschissimo” ed è circoscritta alle località di mare, dove è possibile acquistare il pesce appena pescato.
L’intervallo di tempo che intercorre fra la pesca e il consumo è di norma più lungo, e prevede un periodo di conservazione attraverso la catena del freddo che non deve mai essere interrotta in tutte le sue fasi, dalla cattura in mare fino al nostro frigorifero. Il mantenimento della catena del freddo è infatti di fondamentale importanza per bloccare la proliferazione microbica e garantire la sicurezza alimentare.
La refrigerazione è la tecnica più utilizzata per la conservazione del pesce fresco e prevede l’esposizione dell’alimento a una temperatura compresa tra 0° e +4°C. In questo intervallo di temperatura i prodotti ittici possono conservarsi da un minimo di 4-5 giorni fino a un massimo di 15. I pesci grassi si conservano molto meno rispetto al pesce magro a causa dell’ossidazione lipidica che non viene arrestata dal freddo.
La refrigerazione può essere effettuata tramite celle frigorifere industriali o domestiche, oppure tramite ghiaccio tritato con cui i prodotti ittici sono in contatto.
Una volta acquistato, il pesce andrebbe trasportato nelle cosiddette sacche gelo o borse termiche con i siberini ghiacciati. A casa, il consiglio è quello di pulire il pesce, e sarebbe ideale consumarlo nella giornata stessa dell’acquisto, oppure il giorno dopo. Per conservarlo al meglio, occorre riporlo in contenitori chiusi con all’interno del ghiaccio, posizionati nella parte centrale del frigorifero.
- CONGELAMENTO / SURGELAZIONE
Il congelamento prevede un lento raffreddamento fino a -18°C, e di norma è ciò che accade nel freezer casalingo. Questa tecnica permette di prolungare i tempi di conservazione del pesce fresco acquistato, qualora si decida di non consumarlo nell’immediato.
Il congelamento comporta la formazione di grandi cristalli di ghiaccio interni che, quando si riporta il pesce a temperatura ambiente, si rompono danneggiando i tessuti e compromettendone la consistenza e il valore nutrizionale.
Prima di riporre il pesce in freezer, occorre pulirlo bene, eliminando interiora e branchie, lavarlo sotto abbondante acqua corrente e lasciarlo scolare per alcuni minuti. Poi va chiuso in sacchetti da freezer per alimenti, cercando di eliminare più aria possibile.
Una volta congelato, il pesce si conserva per circa 3 mesi. È bene ricordare che non tutti i prodotti ittici sono idonei a essere congelati.
La legge consente la vendita di pesce decongelato, che però deve essere ben distinto da quello fresco, tramite apposite indicazioni sull’etichetta.
La surgelazione è il processo di conservazione industriale, tramite cui l'alimento viene portato in pochi minuti a temperature bassissime, mai superiori ai -18 °C.
Spesso la surgelazione viene effettuata direttamente sulle imbarcazioni che praticano pesca industriale oceanica. Il processo deve comunque avvenire entro 3 o 6 giorni dalla cattura, rispettivamente per il pesce grasso e il pesce magro.
L’elevata velocità di raffreddamento impedisce la proliferazione dei batteri e porta alla formazione di tanti microcristalli di ghiaccio, innocui per le strutture cellulari del pesce che, una volta riportato a temperatura ambiente, avrà le stesse caratteristiche del prodotto fresco.
Quando acquistato, la conservazione del pesce surgelato deve avvenire a -18 °C. Questo perché se durante il trasporto s’interrompe la catena del freddo si può incorrere nella proliferazione di pericolosi batteri, quali i clostridi o la salmonella, che possono causare intossicazioni.
- ALTRE TECNICHE DI CONSERVAZIONE
Per alcuni tipi di pesce è possibile procedere alla conservazione tramite essiccamento, affumicatura e salagione, conserve e semiconserve.
Si prestano meglio all’essiccamento i pesci magri, in quanto meno sensibili ai fenomeni di ossidazione. Il più diffuso pesce essiccato è il baccalà o stoccafisso, ottenuto dal merluzzo essiccato previa decapitazione, eviscerazione e lavaggio subito dopo la cattura. I pesci vengono lasciati essiccare per circa 3 mesi fino a raggiungere un’umidità residua del 15%. Prima del consumo vanno reidratati in acqua.
L’affumicatura è un metodo di conservazione ormai superato, che ai giorni nostri conserva un carattere principalmente gastronomico. L’affumicatura del pesce (solitamente salmone e aringhe) prevede l’esposizione al fumo, a caldo o a freddo; per la produzione di fumo solitamente si impiegano pezzi di legno di natura variabile a seconda della zona e della specificità del prodotto. Le sostanze che vengono assorbite durante il processo sono in grado di inibire lo sviluppo dei batteri, per questo motivo il pesce affumicato si conserva più a lungo di quello fresco.
La salagione viene utilizzata per conservare merluzzi, aringhe e acciughe. Il pesce viene eviscerato e lavato, poi viene posto in barili a strati alternati di pesce e sale, pressando infine il tutto con un peso. Segue un periodo di maturazione ad opera di microorganismi, selezionati dalla presenza del sale, che conferiscono al prodotto un sapore e un aroma tipici. Sebbene abbiano un contenuto di umidità residua maggiore, anche i pesci sotto sale vanno ammollati in acqua 1-3 giorni prima dell’utilizzo. È bene non eccedere nel consumo di questi prodotti, sia per l’elevato contenuto di sale, sia perché spesso contengono anidride solforosa e solfiti, conservanti dannosi se assunti in quantità elevata.
Le conserve ittiche sono rappresentate principalmente da tonno, sgombro, salmone e sardine, preparati in vario modo e poi conservati in confezioni ermeticamente chiuse. I prodotti, che spesso vengono congelati sulle imbarcazioni, arrivano agli stabilimenti di lavorazione e qui vengono (dopo un eventuale decongelamento) tagliati, cotti, asciugati, inscatolati, sterilizzati in autoclave a 121 °C e quindi commercializzati. I prodotti sott'olio necessitano di un periodo di maturazione durante il quale l'olio e il sale penetrano in modo uniforme nei tessuti.
Le semiconserve sono prodotti a base di pesce confezionati sotto vuoto in contenitori di plastica o vetro, che subiscono un breve trattamento di pastorizzazione a 80-90 °C. Tra questi prodotti troviamo le alici marinate, la polpa di granchio precotta, il caviale. Nelle semiconserve è consentita l’aggiunta di acido ascorbico e sorbati, acido benzoico e benzoati (con un limite di 2g /kg), con funzione antimicrobica. L’assunzione di forti dosi di questi additivi può avere effetti tossici, e comunque vengono obbligatoriamente dichiarati in etichetta.
METODI DI COTTURA
La cottura rende commestibili e più digeribili gli alimenti, arricchendoli allo stesso tempo di nuovi sapori, odori, colori. È un processo che elimina i microorganismi patogeni dagli alimenti e disattiva alcune sostanze che non permettono di assimilare alcuni principi nutritivi .
Per la sicurezza del cibo che mangiamo, questa operazione è delicata, perché ci sono vari fattori che possono influenzare in positivo o in negativo i rischi per la salute. Se cuocere troppo poco ci fa incorrere nel rischio della presenza di batteri patogeni, nel senso opposto cuocere eccessivamente arrivando alla bruciatura comporta la formazione di sostanze dannose per la salute.
È quindi indispensabile tenere bene sotto controllo questo processo.
Le tecniche di cottura del pesce non si discostano eccessivamente da quelle utilizzate per la carne. Ciò che invece cambia nettamente è il tempo di esposizione al calore: mentre molti tagli di carne devono cuocere a lungo per diventare morbidi, il pesce è già tenero per sua natura e una lunga cottura ne sciuperebbe l’aspetto e lo renderebbe stopposo.
Esistono svariati modi per cuocere il pesce, i diversi metodi dipendono dal tipo di sostanze che vogliamo valorizzare, dal tipo di pesce utilizzato, dall’abilità ai fornelli, ecc.
In ogni caso, prima di accingersi a qualsiasi tipo di cottura, è fondamentale pulire per bene il pesce, eliminando tutte le interiora e desquamando la superficie con un coltello.
Tra i metodi di cottura è possibile menzionare:
- Cottura al vapore: è certamente il metodo più “light” in quanto permette di non aggiungere grassi durante la cottura. Inoltre, dal momento che l’alimento non è a contatto con i liquidi, vengono salvaguardate le proprietà nutritive del pesce e le sue caratteristiche organolettiche. È un metodo adatto alla cottura per pesci come il nasello,la cernia, il rombo, la trota, il salmone, lo scorfano.
- Cottura in un liquido: comprende la lessatura in court-bouillon e la cottura brasata. In ogni caso, non bisogna far mai raggiungere il bollore, in quanto porterebbe a un’eccessiva disidratazione del prodotto e disgregazione delle carni.
- Cottura al forno: è probabilmente il metodo più comune, a cui ben si prestano il branzino, il cefalo, l’orata e tanti altri. La cottura al forno è senza dubbio un sistema semplice che fornisce ottimi risultati: durante la cottura, infatti, si forma sulla superficie del pesce un sottile strato di crosta che impedisce le fuoriuscita di succhi e di nutrienti, preservando così le proprietà salutari.
Il forno permette numerose varianti di cottura: al sale, al cartoccio, in crosta, tecniche certamente più complesse ma di grande effetto scenico.
- Cottura alla griglia: è particolarmente indicata per pesci grassi e semigrassi (anguilla, cefalo, salmone, sarda, sgombro) poiché parte del grasso si scioglie insaporendo le carni e rendendo al contempo il pesce più leggero. Tuttavia temperature troppo alte e il contatto diretto con il fuoco possono bruciare in superficie gli alimenti, producendo sostanze potenzialmente dannose. Occorre quindi prestare attenzione, evitando di carbonizzare la superficie esterna del pesce, scartando eventualmente le parti bruciate e pulendo accuratamente la griglia al termine di ogni utilizzo.
- Frittura: adatta per sarde, nasello, totani e gamberi, da sempre la frittura viene considerata un metodo di cottura poco sano: non solo per la formazione di sostanze potenzialmente tossiche, ma anche per la quantità di olio assorbita dagli alimenti. Il metodo prevede la totale immersione dell’alimento in abbondante olio, sufficientemente caldo per permettere una veloce formazione della crosta, che oltre a dare il classico aspetto e sapore, garantisce un fritto più leggero, in quanto gli alimenti assorbono meno olio. Gli oli maggiormente indicati e sicuri per le fritture sono quello d’oliva e quello di arachidi; è comunque opportuno evitare di riutilizzare gli oli per successive fritture.
Ecco un piccolo ricettario che racchiude piatti tradizionali della costa romagnola che vedono come protagonisti i prodotti ittici del nostro mare Adriatico:
3.1 Il ruolo del pesce nell’alimentazione
Il pesce e i vari prodotti della pesca da sempre costituiscono un tassello fondamentale nell’alimentazione dell’uomo e oggi è uno dei cardini della Dieta Mediterranea. Purtroppo, i livelli di consumo in Italia sono al di sotto della media europea; il trend è comunque in ascesa grazie a vari fattori quali l’aumento di disponibilità del prodotto e la migliore valorizzazione e “sponsorizzazione” che evidenzia tutti i benefici derivanti dal suo consumo.
Il pesce, come la carne e le uova, fa parte del gruppo I degli alimenti, fornendo proteine ad elevato valore biologico. Ne contiene infatti circa il 15-20%.
Comunemente, viene definito “pesce” tutti i prodotti destinati al consumo alimentare derivati dall'attività di pesca o di acquicoltura. Nella categoria rientrano quindi non solo i pesci di acqua marina o di acqua dolce, ma anche altri animali acquatici, molluschi e crostacei, ognuno con le proprie peculiarità e proprietà nutritive.
- PESCI
I pesci sono animali vertebrati acquatici muniti di mascelle e di pinne.
Dal punto di vista biologico in funzione dell’habitat si distinguono in pesci di mare, che rappresentano la maggior parte delle specie esistenti; pesci di acqua dolce; pesci di acque miste e migratori.
In base al tipo di scheletro vengono invece classificati in pesci cartilaginei (squali, razze e chimere) e pesci ossei (la maggior parte dei pesci consumati).
Dal punto di vista nutrizionale i pesci vengono generalmente suddivisi in:
- Pesci magri, caratterizzati da un contenuto di grassi inferiore al 3%: sogliola, spigola, orata, rombo, merluzzo.
- Pesci semigrassi, con un tenore di lipidi del 3-9%: acciuga, sardina, dentice, tonno, pesce spada, triglia, cefalo.
- Pesci grassi, che contengono più del 9% di lipidi: anguilla, sgombro, salmone.
È una suddivisione che va usata con attenzione in quanto il contenuto di grassi può variare molto in funzione dell’età, della stagione e del ciclo biologico delle specie.
In generale, il pesce ha ottime qualità nutrizionali in quanto apporta proteine di alto valore biologico; la ridotta quantità di tessuto connettivo determina, inoltre, un’elevata digeribilità, rendendolo particolarmente adatto per la dieta di anziani, bambini e chiunque abbia disturbi digestivi.
Per quanto riguarda il contenuto di grassi, il pesce è ricco di acidi grassi insaturi, tra cui gli omega-3, e i fosfolipidi, mentre il contenuto di colesterolo è più basso rispetto alla carne. Tra i sali minerali troviamo calcio, fosforo, iodio, selenio, fluoro e tra le vitamine, la A e la D (nel fegato dei pesci magri) e quelle del gruppo B.
- MOLLUSCHI
Tra i prodotti della pesca rientrano i Molluschi, organismi caratterizzati da un corpo con consistenza molle, da cui derivano il nome.
Si distinguono tre grandi classi principali:
- Cefalopodi, privi di conchiglia esterna, comprendono calamari, polpo, seppia, totani e moscardini.
- Gasteropodi, dotati di una conchiglia costituita da una sola valva, comprendono patelle, murici, lumache di mare.
- Bivalvi, racchiusi in una conchiglia bivalve, comprendono mitili, vongole, ostriche, capesante, tartufi di mare, telline, datteri di mare, fasolari.
Dal punto di vista nutrizionale i molluschi hanno un buon contenuto di proteine, sono poveri di grassi, e ricchi di sali minerali, in primis ferro, sodio, zinco, selenio, fosforo, potassio, vitamina A e del gruppo B, specialmente vitamina B12.
- CROSTACEI
I Crostacei sono organismi marini caratterizzati dall’esoscheletro, un involucro esterno rigido formato da una serie di segmenti articolati tra loro, in cui sono racchiusi gli organi.
I crostacei utilizzati nell'alimentazione umana sono i Decapodi, contraddistinti dalla presenza di 5 paia di zampe: aragosta, gambero, astice, granchio, scampo, canocchia.
Dal punto di vista nutrizionale i crostacei contengono proteine in buona quantità, ridotte quantità di grassi trigliceridi, ma un elevato contenuto di colesterolo, rendendoli poco indicati nell'alimentazione dei soggetti sovrappeso o obesi.
Alcuni di essi sono ricchi di ferro, altri di calcio e vitamine del gruppo B, mentre i crostacei di colore rosso contengono elevate quantità di astaxantina, una provitamina A fortemente antiossidante.
APPROFONDIMENTO: GLI OMEGA-3
Gli acidi grassi Omega-3 appartengono alla categoria degli acidi grassi polinsaturi e vengono definiti essenziali: l’organismo umano non è in grado di sintetizzarli autonomamente e pertanto devono essere introdotti con la dieta.
In natura esistono diversi acidi grassi Omega-3 e i più importanti, da un punto di vista nutrizionale e dei benefici, sono l’acido eicosapentaenoico (EPA) e l’acido docosaesaenoico (DHA), contenuti in quantità rilevanti nel pesce grasso, come salmone, sgombro e in generale nel pesce azzurro.
Gli Omega-3 EPA e DHA assunti con la dieta vengono incorporati nelle membrane delle nostre cellule e la loro presenza ne garantisce l’integrità ed il corretto funzionamento.
In particolare, se ne rinvengono alte concentrazioni al livello di:
- Sistema nervoso: il DHA è uno dei principali costituenti della membrana delle cellule nervose; esso è particolarmente abbondante a livello dei punti di comunicazione fra tali cellule (sinapsi) e contribuisce al mantenimento della normale funzione cerebrale.
- Retina: le membrane fotorecettoriali della retina contengono alte percentuali di DHA (circa il 60%), svolgendo un ruolo chiave nel mantenimento della normale capacità visiva.
- Sistema cardiovascolare: le cellule del cuore e dei vasi sanguigni sono ricche di EPA e DHA e la loro presenza contribuisce alla normale funzionalità cardiaca.
I LARN (Livelli di Assunzione di Riferimento per la popolazione italiana) raccomandano un’assunzione giornaliera di Epa+Dha pari a 250 mg, al fine di garantire le normali funzioni dei sistemi sopracitati.
Negli ultimi anni, molte ricerche hanno dimostrato come l’assunzione di maggiori quantitativi di Omega-3 apporti ulteriori benefici, in particolare:
- DHA ed EPA contribuiscono al mantenimento dei normali livelli di trigliceridi nel sangue (2 g al giorno)
- DHA ed EPA contribuiscono al mantenimento della normale pressione sanguigna (3 g al giorno)
Non va poi dimenticato il potente potere antinfiammatorio che hanno gli Omega 3 e la loro capacità di bloccare la proliferazione cellulare di molti tumori (colon, prostata, ovaio), e di prevenire patologie cronico-degenerative e cardiovascolari.
Alla luce di tutto ciò, risulta quanto mai importante preferire il pesce come fonte proteica e consumarlo almeno 2 volte alla settimana, prediligendo il pesce azzurro, in quanto locale, sostenibile, economico e meno contaminato da sostanze inquinanti.
1.3 Le aree protette
IL PARCO REGIONALE DEL DELTA DEL PO DELL’EMILIA-ROMAGNA
Il Parco del Delta del Po dell’Emilia-Romagna è stato istituito nel 1988 con apposita Legge Regionale (L.R. 27/88) e fa parte del sistema delle aree protette dell'Emilia-Romagna. Il Parco racchiude al proprio interno la più vasta estensione italiana di zone umide protette, con una superficie di 54.000 ettari. Nel territorio sono presenti 11 Zone Umide di Importanza Internazionale (Convenzione di Ramsar, Iran 1971), 18 Siti di Interesse Comunitario (SIC) e 17 Zone di Protezione Speciale (ZPS) per la conservazione degli uccelli, nonché importantissime e stupende testimonianze di arte e cultura. Il Parco è articolato in sei "Stazioni" che si sviluppano intorno alla porzione meridionale del Delta del Po, lungo la costa ferrarese e ravennate e nei pressi di Argenta:
- Volano – Mesola – Goro
- Centro Storico di Comacchio
- Valli di Comacchio
- Pineta San Vitale e Pialasse di Ravenna
- Pineta di Classe e Saline di Cervia
- Campotto di Argenta
Per tutte le stazioni il denominatore comune è l’acqua, che a vari gradi di salinità, ha determinato l’origine di splendidi ambienti naturali. E accanto all’acqua si sono sviluppate nei secoli tutte le attività dell’uomo legate alla pesca, alla maricoltura, all’agricoltura, alla tradizione, alla cultura e all’arte.
Dal punto di vista naturalistico, l’elevata diversità degli habitat determina un’ampia varietà di associazioni floristiche e un elevato numero di specie. Rilevante è la straordinaria presenza di uccelli, con oltre 300 specie fra nidificanti, svernanti o di passaggio, tale da rendere il Parco la più importante area ornitologica italiana e una delle più rilevanti d’Europa.
Valutando acque dolci, salmastre e salate si contano oltre 50 specie di pesci, di cui l’emblema è certamente l’anguilla (Anguilla anguilla).
http://www.parcodeltapo.it/pages/it/home.php
RELITTO DELLA PIATTAFORMA PAGURO
Sul fondale marino, a circa 20 km dalla costa di Ravenna, giace il relitto della Piattaforma Paguro, costruita nel 1962-63. Lo scopo della piattaforma mobile dell’Agip era di estrarre metano dai giacimenti dell’Alto Adriatico, ma questa affondò il 29 settembre 1965, a seguito di una violenta esplosione. Da quel tragico giorno, il Paguro iniziò la propria metamorfosi e su quelle strutture martoriate è pian piano esplosa una nuova vita che affascina migliaia di subacquei che si immergono ogni anno. Il relitto ha infatti attirato un’abbondantissima fauna marina, insolita per l’Adriatico, tale da far definire il Paguro un “reef” dell’Adriatico. Fra i suoi resti vivono molti invertebrati mobili come Echinodermi e Ofiuroidi (stelle marine). I pesci presenti sono quelli tipici dei fondali rocciosi, difficilmente riscontrabili in altre parti dell'Adriatico nord-occidentale: corvine, occhiate, mormore, scorfani neri, spigole e gronghi; e fra i crostacei si segnala l'astice, la cicala di mare e alcune varietà di granchi. Anche sul fondale fangoso, attorno al relitto, vive una ricca fauna bentonica, unica nel suo genere.
Questa sua unicità ha fatto dichiarare nel 1995 il relitto “Zona di Tutela Biologica”. Nel 2010, la ZTB del Paguro diviene anche il primo Sito di Importanza Comunitaria (SIC) marino in Italia, compiendo un importante salto di qualità sotto il profilo della tutela e della valorizzazione del nostro mare.
La porzione di Mar Adriatico che bagna la costa dell’Emilia-Romagna è un mare biologicamente vivo e attivissimo. La biodiversità che lo contraddistingue, rispetto ad altre aree marine di tutto il mondo, è dovuta ai bassi fondali sabbiosi e ai fiumi che vi sfociano che portano limo e un’infinità di sostanze nutritive ideali per gli organismi del mare che qui trovano un habitat riproduttivo migliore. Nell’Alto Adriatico, negli ultimi cinquanta anni, al tipico ambiente con fondale sabbioso si è sovrapposta anche una variabile del tutto artificiale rappresentata dalle barriere frangionda, opere portuali e piattaforme di estrazione metanifera, che sono state colonizzate da specie tipiche degli ambienti rocciosi, originariamente non presenti in quest’area.
L’alto Adriatico è un paradiso di biodiversità e uno dei mari più pescosi al mondo: ospita il 49% di tutte le specie del Mediterraneo e produce il 50% della pesca italiana. Nelle sue acque si ritrova la straordinaria presenza di organismi di ogni genere: Non solo sogliole, triglie, naselli, canocchie, seppie, mitili e mille altri pesci, ma lasciando la riva è frequente imbattersi in tonni, delfini, tartarughe e pesci luna, grandi animali che popolano le vivissime acque adriatiche.
1.1 Il mare Adriatico
Il mare Adriatico, il cui nome deriva dalla città veneta di Adria (RO), si estende lungo la direttiva nordovest-sudest, per circa 800 Km e la sua larghezza media non supera i 150 Km, per una superficie totale di circa 139.000 Km2.
È un bacino semichiuso, che comunica con il resto del Mediterraneo a sud, in corrispondenza del canale di Otranto, che segna il confine tra Adriatico e Ionio.
I venti dominanti su questo mare sono la bora, un vento di discesa, violento, freddo e persistente e lo scirocco, un vento caldo, proveniente dal deserto, apportatore di polvere, sabbia e quindi microelementi preziosi per l'intero bacino del Mediterraneo e per la produzione primaria (fitoplancton).
Convenzionalmente, il bacino Adriatico è suddiviso in tre settori: il settore settentrionale, o alto Adriatico, che comincia idealmente dalle coste veneto-friulane, per terminare all'altezza della direttrice Zara-Ancona; il settore centrale, che si spinge sino al promontorio del Gargano; infine, il settore meridionale, che arriva sino allo stretto di Otranto. I tre settori si differenziano, oltre che per l'ampiezza, anche per la batimetria: l’alto Adriatico, il settore di nostro interesse, è poco profondo e presenta fondali sabbiosi e poco inclinati che non superano i 75 metri di profondità.
Nonostante il nostro mare venga spesso definito “amico” per la limitatezza dello spazio marittimo, l’Adriatico è senza dubbio un mare “complesso” dal punto di vista ecologico, geologico e chimico-fisico: le sue peculiarità hanno profondamente influenzato la fauna e la flora ivi presente, nonché le popolazioni che vivono lungo le sue coste.
1.2 Gli ambienti
L’AMBIENTE MARINO
I fondi marini antistanti l’Emilia-Romagna sono sabbioso-fangosi e digradano dolcemente, fino a raggiungere una profondità di 25/30 metri a una distanza di 12 miglia nautiche dalla costa.
Le acque dell’alto Adriatico presentano complesse caratteristiche statiche e dinamiche, spesso non di semplice interpretazione. Tra le caratteristiche, la temperatura dell’acqua rappresenta un fattore importante, in grado di condizionare la vita e le reazioni chimiche che avvengono nell’ecosistema. Lungo la fascia costiera dell’Emilia Romagna questo parametro subisce fortissime variazioni raggiungendo le massime escursioni dell’intero Mediterraneo: durante il periodo invernale la temperatura si abbassa fino a raggiungere valori minimi prossimi a 7 °C; nel periodo estivo i massimi valori di temperatura superficiale possono invece quasi toccare i 30°C.
I numerosi fiumi alpini e il fiume Po apportano ogni giorno grandi volumi di acqua dolce, sedimenti e composti organici: ciò ha una grande influenza sulla salinità, che risulta minore rispetto ad altre zone, sul pH, sull’ossigeno disciolto, sulla trasparenza e sul contenuto di clorofilla (indice di livello trofico). Da tutte queste influenze specifiche deriva la caratteristica eutrofia delle acque costiere: verdi acque che ospitano una peculiare flora e sono abbondante pascolo per una variegata fauna marina. La pesca rappresenta quindi un settore molto importante fin dall’antichità, a cui oggi si associa l’attività estrattiva di gas naturale.
L’AMBIENTE COSTIERO
La costa emiliano – romagnola è costituita prevalentemente da una spiaggia quasi continua, senza promontori e rientranze accentuate. È una costa bassa e sabbiosa, ampia da pochi metri ad oltre 200 m, che si estende per circa 130 km, dalla foce del Po di Goro fino alla foce del Torrente Tavollo, tra Cattolica e Gabicce Mare.
L'ampiezza di marea è abbastanza contenuta e ciò ha permesso sin dall'antichità la fondazione e lo sviluppo di numerosi centri abitati e borghi marinareschi.
La parte più settentrionale della costa dell’Emilia-Romagna (da Goro a Cervia) ha un assetto tipicamente planiziale, un tempo caratterizzato da spiagge, dune e ambiente retrodunale, ma attualmente profondamente modificato dall’agricoltura e dallo sviluppo turistico e urbanistico.
La parte più meridionale del litorale regionale (da Cesenatico a Cattolica) ha la configurazione tipica di un territorio fortemente antropizzato: lungo la linea di costa si susseguono numerose opere ingegneristiche, quali moli, porti, darsene, alternati a lunghi tratti di litorale attrezzato per la fruizione turistica.
Complessivamente la costa è un ambiente dinamico dall’equilibrio oggi compromesso: la spiaggia, infatti, è il risultato dell’interazione tra il trasporto di sabbia da parte dei fiumi e l’azione del moto ondoso e delle correnti marine che ridistribuiscono il sedimento lungo il litorale. A questo già delicato equilibrio naturale si è sovrapposto l’intervento dell’uomo, che ha fortemente accentuato la vulnerabilità della costa emiliano-romagnola che è attualmente soggetta ad estesi processi erosivi.
L’AMBIENTE VALLIVO
Alle spalle del sistema litoraneo si trovano, a nord, vasti territori occupati in parte da aree umide di elevata rilevanza naturalistica. Si tratta di ambienti di transizione di acqua salmastra, originata dal mescolamento tra le acque costiere e le acque dolci dei fiumi. Si tratta di paesaggi estremamente eterogenei dal punto di vista ambientale e biologico, di origine sia naturale che artificiale: possiamo infatti incontrare laghi salmastri, sacche, lagune vive, foci fluviali, saline, canali, vasche di colmata, boschi allagati e altro ancora.
L’equilibrio idrogeologico dell’area è fortemente influenzato dalle attività antropiche e, ad oggi, tutte le zone umide della regione sono soggette a regimi idrici artificiali, finalizzati a diversi scopi, quali l’agricoltura, l’acquacoltura, la pesca, le attività industriali e il turismo.
Nelle aree umide lo scambio continuo e periodico delle acque marine con quelle interne dolci fa sì che i parametri chimico-fisici dell’acqua - salinità, temperatura, ossigeno, pH - subiscano importanti variazioni giornaliere e stagionali, in parte regolate dall’uomo.
Un territorio così vario, unitamente all'ampia variabilità dei parametri chimico-fisici, favoriscono una presenza biologica molto articolata con una notevole biodiversità, importante sia da un punto di vista numerico, sia da un punto di vista di qualità e rarità e la cui tutela è riconosciuta come priorità a livello internazionale.