3.4 Guida al consumo

  • RICONOSCERE LA FRESCHEZZA

Il giudizio sulla freschezza del pesce si basa su una valutazione sensoriale, visiva, olfattiva e tattile. Ci vuole un certo “allenamento”, ma imparando a riconoscere le caratteristiche chiave difficilmente si sarà tratti in inganno.

  • Rigidità: più il pesce è rigido, più è fresco. Tenendolo orizzontale per la testa dovrebbe restare dritto, se si piega non è molto fresco.
  • Consistenza della carne: se soda, il pesce è fresco. Premendo con un dito a metà del pesce non deve rimanere l’impronta.
  • Pelle: deve essere tesa, brillante, con le squame ben aderenti al corpo. Se invece la pelle si presenta flaccida, opaca con colori smorti e squame sollevate, allora quel pesce non è fresco.
  • Occhio: nel pesce fresco è lucido, trasparente e convesso. Se è appiattito e opaco, è certamente vecchio.
  • Branchie: il loro colore deve essere rosso brillante; quando iniziano a scurirsi fino a diventare marrone con muco, il pesce si sta deteriorando.
  • Odore: il pesce fresco odora di mare e alghe. Se invece si avvertono odori che ricordano l’ammoniaca, quel pesce non è certo appena pescato.

Per il pesce venduto già pulito e tagliato in filetti o tranci risulta molto difficile capirne il grado di freschezza; occorre quindi fidarsi del rivenditore e della sua parola.

Quanto ai molluschi freschi Gasteropodi e Bivalvi, la valutazione della freschezza risulta più semplice, in quanto la loro commercializzazione viene fatta con prodotto vivo.

Nei Cefalopodi, il corpo deve essere sodo, color madreperla e rivestito da un sottile strato di muco; la pelle deve essere aderente alla carne e i tentacoli resistenti alla trazione. L’odore deve essere fresco, di alghe marine; se si avverte un sentore d’inchiostro l’animale non è più fresco.

 

Infine la freschezza dei crostacei può essere valutata dall’aspetto del carapace, che deve essere umido e lucente, con colori brillanti; dall’assenza di annerimento di alcune parti (base delle zampe, interno della testa); dalla resistenza di testa, arti e appendici al distacco. L’odore poi deve essere gradevole, leggermente dolciastro, di alghe marine; invecchiando diviene invece acidulo e acre.

 

DALLA PESCHERIA ALLA TAVOLA

Dopo un check accurato di tutte le caratteristiche del pesce, è doveroso sapere come conservarlo al meglio, affinchè non si deteriori o, ancor peggio, possa costituire un pericolo per la salute.

Infine è bene conoscere i migliori metodi di cottura del pesce: dal modo in cui decideremo di preparare il nostro pesce, infatti, dipenderà non solo la conservazione delle sue proprietà nutrizionali ma anche la digeribilità o meno di ciò che avremo cucinato.

  • LA CONSERVAZIONE CON IL FREDDO

I prodotti ittici sono alimenti molto delicati e facilmente deperibili e, proprio a causa della loro scarsa attitudine alla conservazione, possono rappresentare, più di altri prodotti alimentari, veicoli di malattie, tossinfezioni, intossicazioni e parassitosi.

Solo una piccolissima parte del pesce pescato viene consumato come “prodotto freschissimo” ed è circoscritta alle località di mare, dove è possibile acquistare il pesce appena pescato.

L’intervallo di tempo che intercorre fra la pesca e il consumo è di norma più lungo, e prevede un periodo di conservazione attraverso la catena del freddo che non deve mai essere interrotta in tutte le sue fasi, dalla cattura in mare fino al nostro frigorifero. Il mantenimento della catena del freddo è infatti di fondamentale importanza per bloccare la proliferazione microbica e garantire la sicurezza alimentare.

 

La refrigerazione è la tecnica più utilizzata per la conservazione del pesce fresco e prevede l’esposizione dell’alimento a una temperatura compresa tra 0° e +4°C. In questo intervallo di temperatura i prodotti ittici possono conservarsi da un minimo di 4-5 giorni fino a un massimo di 15. I pesci grassi si conservano molto meno rispetto al pesce magro a causa dell’ossidazione lipidica che non viene arrestata dal freddo.

La refrigerazione può essere effettuata tramite celle frigorifere industriali o domestiche, oppure tramite ghiaccio tritato con cui i prodotti ittici sono in contatto.

Una volta acquistato, il pesce andrebbe trasportato nelle cosiddette sacche gelo o borse termiche con i siberini ghiacciati. A casa, il consiglio è quello di pulire il pesce, e sarebbe ideale consumarlo nella giornata stessa dell’acquisto, oppure il giorno dopo. Per conservarlo al meglio, occorre riporlo in contenitori chiusi con all’interno del ghiaccio, posizionati nella parte centrale del frigorifero.

  • CONGELAMENTO / SURGELAZIONE

Il congelamento prevede un lento raffreddamento fino a -18°C, e di norma è ciò che accade nel freezer casalingo. Questa tecnica permette di prolungare i tempi di conservazione del pesce fresco acquistato, qualora si decida di non consumarlo nell’immediato.

Il congelamento comporta la formazione di grandi cristalli di ghiaccio interni che, quando si riporta il pesce a temperatura ambiente, si rompono danneggiando i tessuti e compromettendone la consistenza e il valore nutrizionale.

Prima di riporre il pesce in freezer, occorre pulirlo bene, eliminando interiora e branchie, lavarlo sotto abbondante acqua corrente e lasciarlo scolare per alcuni minuti. Poi va chiuso in sacchetti da freezer per alimenti, cercando di eliminare più aria possibile.

Una volta congelato, il pesce si conserva per circa 3 mesi. È bene ricordare che non tutti i prodotti ittici sono idonei a essere congelati.

La legge consente la vendita di pesce decongelato, che però deve essere ben distinto da quello fresco, tramite apposite indicazioni sull’etichetta.

 

La surgelazione è il processo di conservazione industriale, tramite cui l'alimento viene portato in pochi minuti a temperature bassissime, mai superiori ai -18 °C.

Spesso la surgelazione viene effettuata direttamente sulle imbarcazioni che praticano pesca industriale oceanica. Il processo deve comunque avvenire entro 3 o 6 giorni dalla cattura, rispettivamente per il pesce grasso e il pesce magro.

L’elevata velocità di raffreddamento impedisce la proliferazione dei batteri e porta alla formazione di tanti microcristalli di ghiaccio, innocui per le strutture cellulari del pesce che, una volta riportato a temperatura ambiente, avrà le stesse caratteristiche del prodotto fresco.

Quando acquistato, la conservazione del pesce surgelato deve avvenire a -18 °C. Questo perché se durante il trasporto s’interrompe la catena del freddo si può incorrere nella proliferazione di pericolosi batteri, quali i clostridi o la salmonella, che possono causare intossicazioni.

  • ALTRE TECNICHE DI CONSERVAZIONE

Per alcuni tipi di pesce è possibile procedere alla conservazione tramite essiccamento, affumicatura e salagione, conserve e semiconserve.

Si prestano meglio all’essiccamento i pesci magri, in quanto meno sensibili ai fenomeni di ossidazione. Il più diffuso pesce essiccato è il baccalà o stoccafisso, ottenuto dal merluzzo essiccato previa decapitazione, eviscerazione e lavaggio subito dopo la cattura. I pesci vengono lasciati essiccare per circa 3 mesi fino a raggiungere un’umidità residua del 15%. Prima del consumo vanno reidratati in acqua.

L’affumicatura è un metodo di conservazione ormai superato, che ai giorni nostri conserva un carattere principalmente gastronomico. L’affumicatura del pesce (solitamente salmone e aringhe) prevede l’esposizione al fumo, a caldo o a freddo; per la produzione di fumo solitamente si impiegano pezzi di legno di natura variabile a seconda della zona e della specificità del prodotto. Le sostanze che vengono assorbite durante il processo sono in grado di inibire lo sviluppo dei batteri, per questo motivo il pesce affumicato si conserva più a lungo di quello fresco.

La salagione viene utilizzata per conservare merluzzi, aringhe e acciughe. Il pesce viene eviscerato e lavato, poi viene posto in barili a strati alternati di pesce e sale, pressando infine il tutto con un peso. Segue un periodo di maturazione ad opera di microorganismi, selezionati dalla presenza del sale, che conferiscono al prodotto un sapore e un aroma tipici. Sebbene abbiano un contenuto di umidità residua maggiore, anche i pesci sotto sale vanno ammollati in acqua 1-3 giorni prima dell’utilizzo. È bene non eccedere nel consumo di questi prodotti, sia per l’elevato contenuto di sale, sia perché spesso contengono anidride solforosa e solfiti, conservanti dannosi se assunti in quantità elevata.

Le conserve ittiche sono rappresentate principalmente da tonno, sgombro, salmone e sardine, preparati in vario modo e poi conservati in confezioni ermeticamente chiuse. I prodotti, che spesso vengono congelati sulle imbarcazioni, arrivano agli stabilimenti di lavorazione e qui vengono (dopo un eventuale decongelamento) tagliati, cotti, asciugati, inscatolati, sterilizzati in autoclave a 121 °C e quindi commercializzati. I prodotti sott'olio necessitano di un periodo di maturazione durante il quale l'olio e il sale penetrano in modo uniforme nei tessuti.

Le semiconserve sono prodotti a base di pesce confezionati sotto vuoto in contenitori di plastica o vetro, che subiscono un breve trattamento di pastorizzazione a 80-90 °C. Tra questi prodotti troviamo le alici marinate, la polpa di granchio precotta, il caviale. Nelle semiconserve è consentita l’aggiunta di acido ascorbico e sorbati, acido benzoico e benzoati (con un limite di 2g /kg), con funzione antimicrobica. L’assunzione di forti dosi di questi additivi può avere effetti tossici, e comunque vengono obbligatoriamente dichiarati in etichetta.

 

 

METODI DI COTTURA

La cottura rende commestibili e più digeribili gli alimenti, arricchendoli allo stesso tempo di nuovi sapori, odori, colori. È un processo che elimina i microorganismi patogeni dagli alimenti e disattiva alcune sostanze che non permettono di assimilare alcuni principi nutritivi .

Per la sicurezza del cibo che mangiamo, questa operazione è delicata, perché ci sono vari fattori che possono influenzare in positivo o in negativo i rischi per la salute. Se cuocere troppo poco ci fa incorrere nel rischio della presenza di batteri patogeni, nel senso opposto cuocere eccessivamente arrivando alla bruciatura comporta la formazione di sostanze dannose per la salute.

È quindi indispensabile tenere bene sotto controllo questo processo.

Le tecniche di cottura del pesce non si discostano eccessivamente da quelle utilizzate per la carne. Ciò che invece cambia nettamente è il tempo di esposizione al calore: mentre molti tagli di carne devono cuocere a lungo per diventare morbidi, il pesce è già tenero per sua natura e una lunga cottura ne sciuperebbe l’aspetto e lo renderebbe stopposo.

Esistono svariati modi per cuocere il pesce, i diversi metodi dipendono dal tipo di sostanze che vogliamo valorizzare, dal tipo di pesce utilizzato, dall’abilità ai fornelli, ecc.

In ogni caso, prima di accingersi a qualsiasi tipo di cottura, è fondamentale pulire per bene il pesce, eliminando tutte le interiora e desquamando la superficie con un coltello.

Tra i metodi di cottura è possibile menzionare:

- Cottura al vapore: è certamente il metodo più “light” in quanto permette di non aggiungere grassi durante la cottura. Inoltre, dal momento che l’alimento non è a contatto con i liquidi, vengono salvaguardate le proprietà nutritive del pesce e le sue caratteristiche organolettiche. È un metodo adatto alla cottura per pesci come il nasello,la cernia, il rombo, la trota, il salmone, lo scorfano.

- Cottura in un liquido: comprende la lessatura in court-bouillon e la cottura brasata. In ogni caso, non bisogna far mai raggiungere il bollore, in quanto porterebbe a un’eccessiva disidratazione del prodotto e disgregazione delle carni.

- Cottura al forno: è probabilmente il metodo più comune, a cui ben si prestano il branzino, il cefalo, l’orata e tanti altri. La cottura al forno è senza dubbio un sistema semplice che fornisce ottimi risultati: durante la cottura, infatti, si forma sulla superficie del pesce un sottile strato di crosta che impedisce le fuoriuscita di succhi e di nutrienti, preservando così le proprietà salutari.

Il forno permette numerose varianti di cottura: al sale, al cartoccio, in crosta, tecniche certamente più complesse ma di grande effetto scenico.

- Cottura alla griglia: è particolarmente indicata per pesci grassi e semigrassi (anguilla, cefalo, salmone, sarda, sgombro) poiché parte del grasso si scioglie insaporendo le carni e rendendo al contempo il pesce più leggero. Tuttavia temperature troppo alte e il contatto diretto con il fuoco possono bruciare in superficie gli alimenti, producendo sostanze potenzialmente dannose. Occorre quindi prestare attenzione, evitando di carbonizzare la superficie esterna del pesce, scartando eventualmente le parti bruciate e pulendo accuratamente la griglia al termine di ogni utilizzo.

- Frittura: adatta per sarde, nasello, totani e gamberi, da sempre la frittura viene considerata un metodo di cottura poco sano: non solo per la formazione di sostanze potenzialmente tossiche, ma anche per la quantità di olio assorbita dagli alimenti. Il metodo prevede la totale immersione dell’alimento in abbondante olio, sufficientemente caldo per permettere una veloce formazione della crosta, che oltre a dare il classico aspetto e sapore, garantisce un fritto più leggero, in quanto gli alimenti assorbono meno olio. Gli oli maggiormente indicati e sicuri per le fritture sono quello d’oliva e quello di arachidi; è comunque opportuno evitare di riutilizzare gli oli per successive fritture.

 

Ecco un piccolo ricettario che racchiude piatti tradizionali della costa romagnola che vedono come protagonisti i prodotti ittici del nostro mare Adriatico:

https://agricoltura.regione.emilia-romagna.it/pesca/doc/pubblicazioni/il-pesce-in-cucina/pesci-delladriatico-in-tavola

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