IL PARCO REGIONALE DEL DELTA DEL PO DELL’EMILIA-ROMAGNA
Il Parco del Delta del Po dell’Emilia-Romagna è stato istituito nel 1988 con apposita Legge Regionale (L.R. 27/88) e fa parte del sistema delle aree protette dell'Emilia-Romagna. Il Parco racchiude al proprio interno la più vasta estensione italiana di zone umide protette, con una superficie di 54.000 ettari. Nel territorio sono presenti 11 Zone Umide di Importanza Internazionale (Convenzione di Ramsar, Iran 1971), 18 Siti di Interesse Comunitario (SIC) e 17 Zone di Protezione Speciale (ZPS) per la conservazione degli uccelli, nonché importantissime e stupende testimonianze di arte e cultura. Il Parco è articolato in sei "Stazioni" che si sviluppano intorno alla porzione meridionale del Delta del Po, lungo la costa ferrarese e ravennate e nei pressi di Argenta:
- Volano – Mesola – Goro
- Centro Storico di Comacchio
- Valli di Comacchio
- Pineta San Vitale e Pialasse di Ravenna
- Pineta di Classe e Saline di Cervia
- Campotto di Argenta
Per tutte le stazioni il denominatore comune è l’acqua, che a vari gradi di salinità, ha determinato l’origine di splendidi ambienti naturali. E accanto all’acqua si sono sviluppate nei secoli tutte le attività dell’uomo legate alla pesca, alla maricoltura, all’agricoltura, alla tradizione, alla cultura e all’arte.
Dal punto di vista naturalistico, l’elevata diversità degli habitat determina un’ampia varietà di associazioni floristiche e un elevato numero di specie. Rilevante è la straordinaria presenza di uccelli, con oltre 300 specie fra nidificanti, svernanti o di passaggio, tale da rendere il Parco la più importante area ornitologica italiana e una delle più rilevanti d’Europa.
Valutando acque dolci, salmastre e salate si contano oltre 50 specie di pesci, di cui l’emblema è certamente l’anguilla (Anguilla anguilla).
http://www.parcodeltapo.it/pages/it/home.php
RELITTO DELLA PIATTAFORMA PAGURO
Sul fondale marino, a circa 20 km dalla costa di Ravenna, giace il relitto della Piattaforma Paguro, costruita nel 1962-63. Lo scopo della piattaforma mobile dell’Agip era di estrarre metano dai giacimenti dell’Alto Adriatico, ma questa affondò il 29 settembre 1965, a seguito di una violenta esplosione. Da quel tragico giorno, il Paguro iniziò la propria metamorfosi e su quelle strutture martoriate è pian piano esplosa una nuova vita che affascina migliaia di subacquei che si immergono ogni anno. Il relitto ha infatti attirato un’abbondantissima fauna marina, insolita per l’Adriatico, tale da far definire il Paguro un “reef” dell’Adriatico. Fra i suoi resti vivono molti invertebrati mobili come Echinodermi e Ofiuroidi (stelle marine). I pesci presenti sono quelli tipici dei fondali rocciosi, difficilmente riscontrabili in altre parti dell'Adriatico nord-occidentale: corvine, occhiate, mormore, scorfani neri, spigole e gronghi; e fra i crostacei si segnala l'astice, la cicala di mare e alcune varietà di granchi. Anche sul fondale fangoso, attorno al relitto, vive una ricca fauna bentonica, unica nel suo genere.
Questa sua unicità ha fatto dichiarare nel 1995 il relitto “Zona di Tutela Biologica”. Nel 2010, la ZTB del Paguro diviene anche il primo Sito di Importanza Comunitaria (SIC) marino in Italia, compiendo un importante salto di qualità sotto il profilo della tutela e della valorizzazione del nostro mare.
La porzione di Mar Adriatico che bagna la costa dell’Emilia-Romagna è un mare biologicamente vivo e attivissimo. La biodiversità che lo contraddistingue, rispetto ad altre aree marine di tutto il mondo, è dovuta ai bassi fondali sabbiosi e ai fiumi che vi sfociano che portano limo e un’infinità di sostanze nutritive ideali per gli organismi del mare che qui trovano un habitat riproduttivo migliore. Nell’Alto Adriatico, negli ultimi cinquanta anni, al tipico ambiente con fondale sabbioso si è sovrapposta anche una variabile del tutto artificiale rappresentata dalle barriere frangionda, opere portuali e piattaforme di estrazione metanifera, che sono state colonizzate da specie tipiche degli ambienti rocciosi, originariamente non presenti in quest’area.
L’alto Adriatico è un paradiso di biodiversità e uno dei mari più pescosi al mondo: ospita il 49% di tutte le specie del Mediterraneo e produce il 50% della pesca italiana. Nelle sue acque si ritrova la straordinaria presenza di organismi di ogni genere: Non solo sogliole, triglie, naselli, canocchie, seppie, mitili e mille altri pesci, ma lasciando la riva è frequente imbattersi in tonni, delfini, tartarughe e pesci luna, grandi animali che popolano le vivissime acque adriatiche.